Corso Primo Soccorso DM 388/03: guida completa per aziende e datori di lavoro

Nel mondo del lavoro, la sicurezza non è “roba da tanto poi non succede niente”. È un obbligo di legge. Punto.
E tra i pilastri di questa responsabilità c’è il corso primo soccorso DM 388/03—un adempimento non negoziabile per proteggere chi lavora con te quando ogni secondo può fare la differenza tra un falso allarme e una tragedia.
Eppure—sì, ancora oggi—troppe aziende lo trattano come un fastidio burocratico, rischiando multe da capogiro, chiusure temporanee o, nel peggiore dei casi, conseguenze ben più gravi.
Vuoi davvero sapere cosa devi fare, come farlo bene e soprattutto come evitare di finire nei guai?
Questa guida ti accompagna passo dopo passo: dalla classificazione della tua attività ai tempi di aggiornamento, dal numero di addetti necessari alla scelta del formatore giusto.
Che tu gestisca un ufficio da tre persone o un cantiere con cinquanta operai, qui trovi tutto ciò che serve per restare in regola—e per dormire sonni tranquilli—secondo le norme vigenti nel 2025.

Cosa prevede il Decreto Ministeriale 388/03?

Pubblicato il 15 luglio 2003, il DM 388 non è uno di quei documenti polverosi da relegare in fondo a un cassetto. È la bussola operativa del primo soccorso sul posto di lavoro, perfettamente integrata nel cuore del Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs. 81/08).
E non si limita a un generico “formate qualcuno”. Va dritto al punto: definisce chi deve formarsi, come, per quanto tempo e chi ha l’autorità di insegnare.
Le aziende vengono suddivise in tre gruppi—A, B e C—in base al rischio effettivo delle attività svolte.
Perché, diciamocelo, non è la stessa cosa gestire una libreria o un impianto chimico.
La durata del corso, i contenuti, perfino il tipo di esercitazioni cambiano radicalmente da un gruppo all’altro.
E non si tratta solo di timbri e registri: si tratta di preparare persone in grado di salvare una vita prima che arrivi l’ambulanza.
Immagina un arresto cardiaco: un intervento tempestivo può fare la differenza tra un ritorno a casa e un lutto.
Il decreto, insomma, trasforma il primo soccorso da adempimento noioso a vera e propria rete di sicurezza umana—coerente con gli standard europei più aggiornati.
Per chi volesse inquadrare il quadro normativo più ampio, la voce sul Testo Unico sulla Sicurezza su Wikipedia è un ottimo punto di partenza.
Se desideri approfondire il quadro giuridico completo, ti consigliamo di leggere il nostro articolo sul Decreto Legislativo 81/08, il testo fondamentale della sicurezza sul lavoro in Italia.

Chi deve frequentare il corso di primo soccorso in azienda?

Gli obblighi primo soccorso aziendale non ammettono deroghe: ogni datore di lavoro deve nominare almeno un addetto. Attenzione però—“almeno” è la parola chiave.
Perché il numero effettivo dipende da tre fattori: il numero di dipendenti, i turni di lavoro e il livello di rischio dell’attività.
In uno studio legale con tre collaboratori? Forse basta una persona.
In un cantiere con tre turni? Meglio averne uno per turno, garantendo così copertura H24.
E non si tratta di affidare il compito al primo disponibile. Gli addetti vanno scelti con cura tra chi ha sangue freddo, capacità di comunicare con calma e reagisce con lucidità sotto pressione.
La nomina deve essere scritta—sì, proprio su carta firmata—comunicata all’RLS e archiviata nel fascicolo della sicurezza.
No, non serve essere medici: basta aver seguito il corso obbligatorio e possedere le capacità fisiche e psicologiche per intervenire.
Microimpresa o multinazionale, artigiano o manager: la legge non distingue.
Tutti, proprio tutti, devono avere qualcuno pronto a muoversi in caso di emergenza.
Del resto, che differenza fa la partita IVA se un collega sta male?
Per assicurarti di individuare correttamente la tua squadra di emergenza, consulta la nostra guida completa sulla squadra di primo soccorso, obbligo imprescindibile per ogni datore di lavoro.

Durata, contenuti e modalità del corso obbligatorio

Il corso primo soccorso DM 388/03 non è un webinar da seguire tra una mail e l’altra. È un’esperienza pratica, in presenza, dove si impara facendo—con le mani, con il corpo, con il cuore.
Sì, si studia un po’ di anatomia di base, ma l’obiettivo reale è saper riconoscere un arresto cardiaco, gestire un’emorragia grave, praticare la manovra di Heimlich o usare un DAE senza esitare.
E qui sta il nocciolo: la parte pratica non è un optional. È l’anima del corso.
Perché leggere “100 compressioni al minuto” non è come eseguirle su un manichino mentre un istruttore ti corregge la postura, il ritmo, la profondità.
Durata? Dipende dal gruppo: 16 ore per il Gruppo A (industrie ad alto rischio), 12 per il Gruppo B (uffici, negozi, studi professionali) e soltanto 4 per il Gruppo C (microimprese con rischi minimi).
E no, non è possibile farlo online: la legge richiede la presenza fisica per simulare, sbagliare, correggersi—perché in un’emergenza vera non c’è il tasto “riprova”.
Nel 2025, sempre più aziende investono in scenari iper-realistici: fumo simulato, luci basse, voci registrate di persone in difficoltà.
Perché quante volte hai visto qualcuno bloccarsi, impietrito, di fronte a un collega che sviene?
Ecco—il corso serve proprio a rompere quel muro di panico.
Per scegliere il percorso formativo più adatto alle tue esigenze, scopri la nostra offerta completa di corsi di primo soccorso, tenuti da istruttori certificati e accreditati.

Differenze tra Gruppo A, B e C: come capire a quale appartieni

Confondere il Gruppo B con il Gruppo C è come usare un estintore per olio su un incendio elettrico: non solo inutile, ma pericoloso.
Il Gruppo A comprende attività ad alto rischio: chimica, estrazione mineraria, cantieri edili, fonderie—tutto ciò elencato nell’Allegato 1 del decreto. Qui servono 16 ore di formazione intensiva, perché gli infortuni possono essere rapidi, gravi e complessi.
Il Gruppo B è il “grande centro” del mondo del lavoro: uffici, studi legali, botteghe artigiane, negozi di vicinato. Nessun rischio estremo, ma incidenti comuni—cadute, malori, tagli—richiedono comunque 12 ore di preparazione solida e pratica.
Poi c’è il Gruppo C: microattività con meno di tre dipendenti e rischi davvero minimi—pensa a un parrucchiere con un apprendista o un consulente con un collaboratore occasionale. Bastano 4 ore.
Ma attenzione: non basta “avere pochi dipendenti” per rientrare qui.
Conta il DVR—il Documento di Valutazione dei Rischi—che ogni datore di lavoro è tenuto a redigere.
Se nel DVR compaiono rischi specifici (uso di sostanze, macchinari, lavori in quota), si esce automaticamente dal Gruppo C.
Quindi, prima di optare per il corso più breve, fermati un attimo: il mio lavoro è davvero “senza rischi”, o sto solo sperando che non succeda niente?
Per supportarti in questa fase fondamentale, ti invitiamo a consultare il nostro servizio di Documento di Valutazione dei Rischi, strumento obbligatorio per classificare correttamente la tua azienda.

Rinnovo e aggiornamento: ogni quanto va ripetuto il corso?

Formarsi una volta e poi archiviare il tutto? Sarebbe come installare un estintore e non controllarlo mai.
Il DM 388/03 impone un aggiornamento ogni tre anni, senza se e senza ma.
E non è una formalità: le linee guida internazionali—come quelle dell’European Resuscitation Council—si aggiornano regolarmente, le tecniche migliorano, i defibrillatori si evolvono.
Per il Gruppo A servono 6 ore di aggiornamento; per B e C, ne bastano 4.
E nel 2025, diverse Regioni richiedono esplicitamente l’addestramento all’uso del DAE anche negli aggiornamenti, soprattutto se in azienda ne è installato uno.
Senza aggiornamento, l’attestato scade. E con esso, la qualifica dell’addetto.
Tradotto in soldoni: è come se non ne avessi mai nominato nessuno.
E allora scatta la stessa sanzione prevista per chi non ha mai formato alcun addetto.
Meglio segnare la scadenza in rosso sul calendario—orologio, app, promemoria—o, ancora meglio, integrare l’aggiornamento con altre sessioni di formazione sulla sicurezza, trasformando un obbligo in un’opportunità di crescita collettiva.
Dopotutto, la prontezza non invecchia mai.
Per organizzare un piano di formazione continuo e conforme alla normativa, scopri la nostra formazione per la sicurezza sul lavoro, personalizzata per ogni tipo di azienda.

Chi può tenere i corsi di primo soccorso validi per la normativa?

Non basta aver seguito un corso per poter insegnare. Il DM 388/03 è cristallino: i corsi devono essere tenuti da soggetti autorizzati.
Vale a dire? ASL, medici competenti, enti accreditati dalle Regioni o organismi paritetici riconosciuti da accordi tra sindacati e associazioni datoriali.
Gli istruttori devono possedere esperienza reale sul campo—rianimatori, infermieri del 118, istruttori certificati BLS-D.
Non un “coach” autodidatta con un attestato scaricato da un sito qualsiasi.
Il corso deve seguire fedelmente il programma ministeriale e concludersi con una verifica—anche informale—delle competenze acquisite.
E qui sta il punto cruciale: un corso tenuto da un provider non accreditato non ha valore legale. Punto.
Nessuna eccezione.
Prima di iscriversi, quindi, chiediti: chi lo tiene? Ha una convenzione con la mia ASL? È accreditato dalla Regione?
Perché spendere tempo e soldi per un pezzo di carta che un ispettore getterebbe nel cestino senza nemmeno guardarla?
Se cerchi un ente formativo affidabile, sappi che STC è un ente accreditato dalla Regione Lombardia e riconosciuto a livello nazionale per la qualità dei suoi corsi.

Cosa rischia l’azienda se non forma gli addetti al primo soccorso?

Ignorare questo obbligo non è una “dimenticanza”. È una violazione esplicita dell’articolo 18 del D.Lgs. 81/08, con conseguenze pesanti.
Multe da 1.800 a 7.200 euro, previste dall’articolo 55.
Ma non finisce qui: se un infortunio si aggrava per mancanza di intervento tempestivo, si può arrivare a reclusione fino a 4 mesi o alla sospensione dell’attività.
E gli ispettori—tra ASL, INAIL e Carabinieri del Lavoro—non fanno sconti: chiedono subito gli attestati, controllano la data di scadenza, verificano la validità del formatore.
La vera tragedia, però, non è la sanzione.
È che un semplice svenimento, gestito male o non gestito affatto, può trasformarsi in un danno irreversibile.
La legge non pretende miracoli: solo che ci sia qualcuno in grado di agire nei primi, cruciali minuti.
Perché in quel lasso di tempo—lo sappiamo tutti—non arriverà nessun medico, nessun infermiere.
Ci sarete solo voi.
E allora: davvero vale il rischio di non prepararsi?
Per conoscere nel dettaglio tutte le conseguenze legali della mancata conformità, leggi il nostro approfondimento sulle sanzioni penali e amministrative per le aziende che non rispettano il D.Lgs. 81/08.

Documentazione da conservare e attestati validi

Un corso fatto non basta: bisogna dimostrarlo. E per farlo, servono documenti a prova di ispezione.
Conservati per almeno cinque anni: la nomina scritta degli addetti, l’attestato del corso (con dati del corsista, data, durata, gruppo di appartenenza e firma del responsabile), il programma dettagliato e, se prevista, la verifica dell’apprendimento.
Gli attestati di aggiornamento triennali vanno archiviati con lo stesso rigore.
Tutto deve risiedere nel fascicolo aziendale della sicurezza, facilmente accessibile su richiesta.
Attenzione, però: un attestato senza indicazione del gruppo (A, B o C), o rilasciato da un ente non accreditato, è carta straccia. Non vale nulla.
Quindi, prima di pagare, verifica che il provider fornisca documentazione conforme.
Perché alla fine, quei fogli non sono solo burocrazia: sono la prova tangibile che hai scelto di proteggere le persone, non solo di rispettare la legge.
Per supportarti nella gestione completa della documentazione obbligatoria, ti proponiamo la nostra consulenza sicurezza annuale, un servizio continuativo per restare sempre in regola senza pensieri.

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