Quando si parla di impianti elettrici per negozi e spazi commerciali, ci si trova davanti a un panorama normativo decisamente più complesso rispetto a quello residenziale. Il punto di riferimento principale è il Decreto Ministeriale 37 del 2008, che ha sostituito la precedente Legge 46/90 definendo con chiarezza sia i requisiti che devono possedere le imprese installatrici sia le procedure per ottenere le certificazioni.
Al centro di questo decreto c’è un concetto fondamentale: qualsiasi intervento deve essere realizzato “a regola d’arte”, locuzione che nella pratica significa conformarsi alle norme tecniche del CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano). Non è una raccomandazione, bensì un obbligo che determina la legalità stessa dell’installazione.
Come precisato dalla normativa in vigore, l’obbligo del progetto dell’impianto elettrico è regolamentato dal DM 37 del 2008, con parametri ben definiti che stabiliscono in quali circostanze diventa indispensabile coinvolgere un professionista abilitato.
Normativa e requisiti di legge per i locali commerciali
Fra le varie norme CEI, quella che riveste particolare importanza per chi gestisce un negozio è la CEI 64-8, che regola gli impianti elettrici utilizzatori con tensione nominale fino a 1000 V in corrente alternata e dedica apposite sezioni proprio ai locali commerciali. Questa normativa specifica quali elementi rendono davvero a norma un impianto: un sezionamento adeguato che consenta di intervenire su singole parti senza spegnere tutto, protezioni dai sovraccarichi mediante interruttori magnetotermici correttamente dimensionati, un impianto di messa a terra progettato secondo quanto previsto dalla CEI 64-8/5, e dispositivi differenziali con soglia d’intervento appropriata (generalmente 30 mA per tutelare le persone).
Ignorare questi aspetti non comporta solo rischi di sanzioni o il mancato rilascio delle autorizzazioni commerciali: vuol dire mettere concretamente a rischio la sicurezza di dipendenti e clienti, con possibili conseguenze molto gravi.
Quando è obbligatorio il progetto professionale
La questione dell’obbligatorietà del progetto professionale trova risposta nell’articolo 5 del DM 37/08, che stabilisce criteri ben precisi. Serve un progetto redatto da un professionista abilitato quando la potenza impegnata supera i 6 kW oppure quando la superficie del locale commerciale va oltre i 200 metri quadrati, a prescindere dalla potenza effettiva installata.
Nella pratica quotidiana, sono davvero rari i negozi che restano sotto entrambi questi limiti, motivo per cui la progettazione professionale finisce per essere praticamente sempre necessaria nel settore commerciale. A redigere questo documento può essere un ingegnere o un perito industriale iscritto al rispettivo albo professionale, purché dimostri competenze specifiche e verificabili nel campo impiantistico elettrico.
Questo progetto non va inteso come un semplice pezzo di carta burocratico, ma come un documento tecnico articolato che include una relazione descrittiva dell’impianto, schemi multifilari che mostrano graficamente ogni circuito con i suoi componenti, planimetrie precise che indicano dove si trovano esattamente punti luce e prese, oltre ai calcoli per dimensionare correttamente cavi e protezioni.
Diventa parte integrante della documentazione tecnica dell’impianto, da conservare insieme alla Dichiarazione di Conformità. La mancanza del progetto quando la legge lo richiede non è affatto una questione secondaria: invalida completamente la certificazione e impedisce di ottenere la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), senza cui l’attività commerciale non può partire.
C’è da dire che parecchi professionisti suggeriscono di redigere il progetto anche quando i parametri dimensionali non lo renderebbero formalmente obbligatorio: avere un’installazione ben documentata semplifica moltissimo eventuali modifiche future e assicura una qualità migliore sin dall’inizio.
Costi di realizzazione e ristrutturazione al mq
Affrontare il rifacimento completo dell’impianto elettrico in un locale commerciale rappresenta una spesa consistente che richiede un’attenta pianificazione economica. Il costo medio al metro quadro si muove in una fascia abbastanza variabile, solitamente tra 80 e 150 euro al mq, con possibilità di salire quando si ha a che fare con installazioni particolarmente elaborate o attività che richiedono soluzioni impiantistiche specialistiche.
Questa cifra comprende tutto il pacchetto completo: dalla progettazione ai materiali, dalla manodopera alla certificazione finale, senza dimenticare gli interventi murari necessari per posare canaline, scatole di derivazione e gli altri componenti di un’installazione fatta a regola d’arte.
Entrando nel dettaglio dei costi per singoli elementi, troviamo che un punto luce completo – comprensivo di interruttore, cablaggio e collegamento – costa mediamente tra 80 e 120 euro, mentre una presa si attesta tra 60 e 100 euro secondo la tipologia necessaria (standard, schuko o industriale). Per le attività commerciali che necessitano della SCIA bisogna considerare anche i costi delle certificazioni obbligatorie e delle eventuali consulenze per ottenere le autorizzazioni richieste.
Il quadro elettrico costituisce un’altra voce di spesa importante, con prezzi che vanno da 500 a 1500 euro a seconda della complessità e del numero di moduli da ospitare. L’impianto di messa a terra richiede un investimento tra 300 e 600 euro, mentre i dispositivi di protezione differenziale e magnetotermici pesano in proporzione ai circuiti da proteggere.
Un aspetto che viene spesso trascurato riguarda l’illuminazione di emergenza, obbligatoria per i locali aperti al pubblico: ogni punto luce di emergenza costa tra 80 e 150 euro. Chiaramente queste cifre, riferite al 2025, sono da considerarsi orientative: le differenze geografiche e le peculiarità di ogni progetto possono modificare anche sensibilmente il preventivo finale.
Figure professionali abilitate e certificazioni necessarie
Il quadro delle figure professionali autorizzate a intervenire sugli impianti elettrici nei negozi è definito in modo chiaro dalla normativa. Soltanto le imprese installatrici abilitate ai sensi del DM 37/08 possono legalmente realizzare l’installazione e, cosa fondamentale, rilasciare la Dichiarazione di Conformità.
Queste imprese devono essere iscritte alla Camera di Commercio con il codice ATECO specifico per l’installazione di impianti elettrici e possedere requisiti tecnico-professionali ben precisi, a partire dalla presenza di un responsabile tecnico che dimostri titoli di studio idonei oppure un’esperienza professionale documentata nel settore elettrico. Non esistono alternative: rivolgersi a soggetti non abilitati significa trovarsi con un impianto privo di qualsiasi validità legale.
La DiCo (Dichiarazione di Conformità) è il documento che certifica la conformità dell’impianto alle norme di sicurezza e al progetto approvato, ed è sempre indispensabile quando si vende o si affitta un locale commerciale, oltre che per avviare l’attività. Questa certificazione va accompagnata dagli allegati obbligatori: il progetto (quando previsto dalla legge), gli schemi elettrici dettagliati, la relazione sui materiali utilizzati e i certificati dei prodotti installati.
Esiste tuttavia una situazione particolare che si presenta quando manca la documentazione originale di un impianto esistente ma questo risulta sostanzialmente conforme: in tali circostanze è possibile far redigere una DiRi (Dichiarazione di Rispondenza) da parte di un professionista abilitato o di un’impresa installatrice, dopo un’accurata verifica dello stato dell’impianto.
Un aspetto che acquista crescente rilevanza è la formazione per la sicurezza sul lavoro degli operatori che lavorano sugli impianti elettrici: oltre a garantire la qualità del lavoro svolto, tutela concretamente la salute e la sicurezza dei tecnici durante le loro attività.
Differenze con gli impianti civili e carichi specifici
Le differenze tra un impianto elettrico civile e uno destinato a un negozio non sono semplici dettagli tecnici, ma riguardano aspetti sostanziali che influenzano profondamente la progettazione. Il primo elemento distintivo riguarda le sezioni dei cavi e i carichi elettrici che l’impianto deve gestire.
Mentre in un’abitazione la potenza impegnata standard si ferma a 3 kW (con possibilità di arrivare a 6 kW), un negozio necessita tipicamente di potenze nettamente superiori, spesso comprese tra 10 e 20 kW se non di più, in base alle apparecchiature richieste dall’attività. Questa differenza si riflette nell’utilizzo di cavi con sezioni maggiori – solitamente 4 mmq o 6 mmq per le dorsali principali – rispetto ai 2,5 mmq tipici delle linee domestiche, assicurando così la portata adeguata e riducendo le cadute di tensione lungo i circuiti.
C’è poi un altro aspetto rilevante: un impianto elettrico per negozio deve contemplare circuiti dedicati a carichi specifici che raramente si incontrano in ambito residenziale. Si tratta di sistemi di illuminazione ad alto assorbimento per vetrine ed espositori, registratori di cassa e terminali POS, impianti di climatizzazione e refrigerazione (indispensabili nei negozi alimentari), sistemi di sicurezza e videosorveglianza, oltre a macchinari specializzati che cambiano secondo il tipo di attività – phon e piastre per parrucchieri, forni per panifici, e così via.
La norma CEI 64-8 richiede espressamente che questi carichi vengano distribuiti su circuiti indipendenti, ciascuno protetto da dispositivi dimensionati per le specifiche correnti assorbite. Anche il collettore principale di terra necessita di un dimensionamento più consistente rispetto al residenziale, considerando la maggiore presenza di apparecchiature metalliche e il continuo passaggio di personale e pubblico all’interno del locale.
Norme di prevenzione incendi e sicurezza sul lavoro
Quando si parla di impianti elettrici nei negozi, le norme di prevenzione incendi e sicurezza sul lavoro introducono un ulteriore livello di complessità che varia notevolmente in base alla tipologia e alle caratteristiche dell’attività. Alcune categorie di locali commerciali sono soggette a requisiti più rigorosi rispetto alle prescrizioni elettriche standard.
I negozi con superficie di vendita superiore a 400 mq, i parrucchieri e i centri estetici, i negozi di alimentari con deposito annesso, i locali che trattano materiali infiammabili o facilmente combustibili: tutte queste attività devono sottostare ai controlli dei Vigili del Fuoco e ottenere il Certificato di Prevenzione Incendi (CPI) oppure presentare la SCIA antincendio.
Per queste attività, l’impianto elettrico deve rispettare prescrizioni specifiche contenute nel Decreto Ministeriale 3 agosto 2015 (il cosiddetto Codice di Prevenzione Incendi) e nelle relative regole tecniche verticali. Si parla dell’obbligo di utilizzare cavi con caratteristiche di non propagazione dell’incendio e bassa emissione di fumi, dell’installazione di interruttori di emergenza facilmente accessibili per il sezionamento rapido dell’alimentazione, di sistemi di illuminazione di sicurezza con autonomia minima garantita (generalmente un’ora), di protezioni aggiuntive contro sovraccarichi e cortocircuiti, oltre alla compartimentazione adeguata per il passaggio dei cavi attraverso elementi strutturali con resistenza al fuoco.
La manutenzione antincendio richiede verifiche periodiche documentate anche per gli aspetti elettrici dell’impianto, con particolare attenzione ai dispositivi di sicurezza e ai sistemi di emergenza.
Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, il Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs. 81/2008) attribuisce al datore di lavoro la responsabilità di garantire che gli impianti elettrici siano conformi, regolarmente manutenuti e verificati periodicamente. Le verifiche periodiche degli impianti di messa a terra e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche sono obbligatorie ogni 5 anni per i locali commerciali ordinari, mentre la frequenza aumenta a ogni 2 anni per quelli classificati a maggior rischio; queste verifiche devono essere eseguite presso organismi notificati o presso le ASL/ARPA territorialmente competenti.
Una domanda che ricorre spesso riguarda la possibilità di utilizzare un impianto elettrico vecchio in un negozio: tecnicamente è possibile, a condizione che venga rilasciata una Dichiarazione di Rispondenza dopo un’accurata verifica. Tuttavia questa soluzione presenta limiti rilevanti: l’impianto deve risultare effettivamente conforme alle norme di sicurezza attuali, deve trovarsi in buono stato di conservazione e deve garantire una protezione adeguata per l’utilizzo commerciale previsto – condizioni che impianti datati, progettati per carichi inferiori, spesso non riescono a soddisfare.
Realizzare un impianto elettrico a norma per un negozio va oltre il semplice adempimento burocratico: rappresenta un investimento strategico che garantisce sicurezza quotidiana, efficienza operativa e piena conformità alle normative vigenti. Comprendere a fondo il quadro normativo di riferimento, avere chiara l’indicazione dei costi, conoscere il ruolo delle diverse figure professionali coinvolte e padroneggiare i requisiti tecnici specifici permette di pianificare con consapevolezza l’installazione o il rifacimento dell’impianto, evitando problematiche future e assicurando la piena operatività dell’attività commerciale.
Affidarsi esclusivamente a professionisti qualificati e imprese regolarmente abilitate rappresenta la strada più sicura per ottenere un impianto certificato, duraturo nel tempo e pienamente rispondente alle esigenze concrete della propria attività.